L’allenatore rompe il silenzio e racconta la delusione per l’epilogo della sua brevissima esperienza sulla panchina rosanero

Pasquale Marino è passato in pochissimo tempo dal fascino dell’esperienza sulla panchina rosanero (“il massimo per un allenatore siciliano”) alla delusione per la cancellazione del Palermo. In un’intervista alla Gazzetta dello Sport il tecnico marsalese ha raccontato le sue sensazioni.

Che la situazione fosse critica lo sapevano tutti – dice Marino – Devo ammettere che col passare dei giorni i dubbi e i timori sono cresciuti, ma ad inizio giugno, quando ho accettato la proposta ero fiducioso e contento della sfida. Ripartire da zero, in una piazza come Palermo, era uno stimolo enorme. L’esclusione l’ho vissuta male, come tutti i palermitani. Per un siciliano guidare il Palermo è il top e il rammarico è enorme. Ma io faccio l’allenatore, sono un professionista: ora penso a tifosi e dipendenti che rischiano il lavoro. Sono addolorato per loro. Sapevo del rischio, anche se onestamente speravo si risolvesse tutto, come mi aveva assicurato la proprietà. Perché ho accettato? Perché ero libero e perché Palermo non si rifiuta. Avevo detto no al rinnovo con lo Spezia per divergenze programmatiche, e il Palermo è stata la prima squadra che mi ha cercato. Da siciliano, non potevo rifiutare. Anzi, sognavo di fare a Palermo quello che sono riuscito a fare a Catania”.

Marino racconta che la paura si è materializzata il pomeriggio del 24. “Di certe cose non potevo avere contezza – spiega – essendo nuovo, non è che mi confrontavo coi dipendenti o i giocatori. Avevo sentito solo Mazzotta perché ero l’unico che conoscevo. Ma, per esempio, non sapevo degli stipendi non pagati. Mica uno chiama un giocatore per chiedergli se ha percepito lo stipendio. Qualche giorno prima del 24 giugno, durante un’intervista, avevo detto che l’iscrizione sarebbe stata la prima vittoria. Questo perché con l’avvicinarsi della scadenza, avevo iniziato a percepire la delicatezza della situazione, ma a quel punto non potevo certo tirarmi indietro. Diciamo che, ad un certo punto, ho realizzato che sarei diventato davvero l’allenatore del Palermo solo dopo l’iscrizione. Io strumentalizzato? No, questo no. Non penso che la scelta sia caduta su di me per ingannare la gente. Ripeto, sapevo di correre un rischio, e davanti alla proposta del Palermo ho deciso di rischiare“.

A proposito del suo rapporto con la proprietà, Marino rivela di avere conosciuto Tuttolomondo il giorno della sua presentazione. “Abbiamo parlato pochi minuti – sottolinea – lì per lì mi ha dato certezze, lasciandomi intendere che tutto si sarebbe sistemato. Per il resto, il mio riferimento è stato sempre Lucchesi. Anche lui era convinto che il Palermo, alla fine, si sarebbe iscritto. Mercato? All’inizio abbiamo parlato di giocatori in uscita, di obiettivi. Poi però, ci siamo resi conto che tutte le perplessità che aleggiavano attorno al Palermo frenavano le trattative. Per dirne una, avevamo ricevuto il sì di un giocatore che poi ha ricevuto un’altra proposta (prima del 24) e nell’incertezza si è accasato altrove. La data del 24 era diventata cruciale anche in chiave mercato, quindi alla fine ci eravamo detti che sarebbe stato meglio aspettare. Dopo quanto è successo l’ho risentito qualche volta. Ho percepito un dispiacere comune. Al di là di tutto, non sono mai cose di cui rallegrarsi. Ero consapevole che non mi avrebbero messo in mano uno squadrone, questo sì. Non mi spaventava l’idea di ripartire da zero. Anzi, ero convinto che una squadra giovane, capace di lottare e giocare un buon calcio, avrebbe riconquistato il Barbera. Non ho rimpianti. Non ho rifiutato altre offerte. Ribadisco: il Palermo mi ha cercato, in quel momento ero libero e ho accettato. Al Palermo non avrei mai detto di no”.

Un messaggio poi Marino lo rivolge ai tifosi e con chiarezza e sincerità ammette che non se la sentirebbe di allenare in D. “Ai tifosi dico grazie – conclude – mi hanno accolto benissimo e mi è dispiaciuto non poter ricambiare l’affetto. Sono destinato a non allenare mai il Palermo? Non sono fatalista, in futuro chissà. Mai dire mai. Se accetterei di allenare il Palermo anche in Serie D? Non si tratta di accettare o non accettare. Per vincere, in qualsiasi categoria, serve gente che quella categoria la conosca bene e che l’ha praticata, di recente. Io vinsi a Paternò, 15 anni fa. Erano altri tempi”.