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Palermo, l’esperienza di Pelagotti e Ricciardo: “La maglia rosa un richiamo, la B…”

Portiere e attaccante parlano della loro voglia di vincere con il nuovo club e cosa li ha spinti a sognare prima la chiamata della società e accettare poi di farsi carico della rinascita

Me lo ha chiesto mia moglie, dove volessi andare. A Palermo, ho risposto. Ero a casa, mi ha chiamato Castagnini, dal nulla. Ci speravo tanto. Avevo richieste dalla B, ma per come sono fatto io… non so se sia più maturo, ma volevo un progetto, non giocare per salvarmi o metà classifica. Fosse arrivata una squadra veramente forte ok, ma non è successo. Così ho preferito questa scelta per un futuro importante qui”. Così Alberto Pelagotti ai microfoni di Tuttomercatoweb.

Con Castagnini e Sagramola – racconta Pelagotti – abbiamo lavorato a Brescia. Speravo potesse nascere questa cosa, ero incuriosito dal progetto, stimolante, spero vincente. Alla fine la chiamata è arrivata, non ho esitato nemmeno un secondo. Il nostro obiettivo è centrare promozioni, possiamo dire la nostra in questo campionato, nonostante qualche difficoltà. Dobbiamo fare un boccone di questa D, poi ci mettiamo al tavolo e i direttori costruiranno una squadra per vincere la C. Sono sicuro al cento per cento”.

Dalla A alla D passando per la B. Sembra il percorso di un gambero, ma in realtà nel Palermo si parla di rincorsa. “Lo scalino più grosso – ammette Pelagotti – è tra la A e le altre categorie. La A è un campionato a parte, dopo avere fatto 3-5 anni totali in A ripartire è stato molto difficile. C’era un complesso nella mia testa, dovevi fare una mappatura dei campionati minori e non era facile. Ad Arezzo è stato semplice perché non avevamo nulla da chiedere, ma abbiamo rischiato di andare in B. A Palermo sembra che l’organizzazione sia da Serie A. Calarmi dentro è stato semplice, poi quando giochi a Biancavilla o Palmi, beh, no. Devi cambiare visione. Il livello tecnico è bassissimo, c’è solo aggressività, recuperare palla, stare alti e fiato sul collo. C’è più intensità che tecnica”.

Tuttomercatoweb per raccontare la rinascita del Palermo ha intervistato oltre che Pelagotti anche Giovanni Ricciardo.Vincere 10 partite consecutive non è stato mai facile – dice l’attaccante – ma paradossalmente è stato perfino troppo illusorio. È un’impresa. Poi capita come contro Savoia e Palmese, la gente si chiede cosa succede. Ma non è nulla, è fisiologico avere un calo di risultati. Non solo noi, ma la Juventus, il Manchester United, non esiste squadra che vince 38 partite. Siamo umani e non robot. Dobbiamo vincere. Quando abbiamo scelto Palermo, e il Palermo ci ha scelto, sapevamo benissimo che non c’erano alibi. Pure se eravamo partiti in ritardo, c’era un solo obiettivo, vincere il campionato. In un modo o nell’altro, ne siamo consapevoli. A Palermo mi fanno sentire calciatore. Dopo Cesena pensavo fosse difficile stare meglio altrove. Dopo qualche mese qui posso dire che c’è un ambiente anche superiore. Lo dice la storia, la piazza è bella grande, è pazzesco, pure a livello di calore. La gente è fantastica”.

Ricciardo racconta il suo rapporto con allenatore, dirigenti e presidente. “Pergolizzi ama il suo lavoro – dice – È una persona con cui si può parlare sempre mantenendo le giuste distanze giocatore-allenatore. Mirri è molto passionale, fa questo lavoro con il cuore. Gli brillano gli occhi se parliamo di Palermo. È stato necessario per riportare entusiasmo in città e Sagramola e Castagnini non hanno bisogno di presentazioni, nei rispettivi ruoli sono il massimo, si completano bene. Uno dal campo e l’altro alla scrivania, sanno fare al meglio il proprio ruolo. Il futuro? Non ci penso. Non so cosa farò domani. Spero che il Palermo sia in B e la speranza è esserci”.

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