Il recesso dell’italo-americano non potrebbe essere esercitato se l’assemblea dei soci delibera lo scioglimento di Hera Hora
Guerra senza limiti. E’ quella tra i due (ex) soci del Palermo. Perché se circa due mesi fa Tony Di Piazza ha annunciato la volontà di recedere, ottenendo in cambio “una somma di danaro che rappresenti il valore della quota alla data in cui vnene comunicata la volontà di recedere”, come previsto dall’articolo 30 dello statuto, dall’altro, in base all’articolo 29, “il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se l’assemblea dei soci delibera lo scioglimento della società”.
E’ il retrocesna che racconta Il Giornale di Sicilia nell’edizione odierna, analizzando l’aumento di capitale deliberato nella giornata di ieri, coprendo le perdite di quasi 3 milioni nella semestrale.
I soci di Hera Hora sono stati convocati per domenica ed a “quel punto il recesso comunicato da Di Piazza non avrebbe più alcun effetto e la proprietà del Palermo non farebbe più capo a Hera Hora”, la quale, intanto, ha messo a disposizione del club l’intero budget previsto per il piano triennale: 15 milioni.
Un aumento di capitale resosi necessario per coprire le perdite: circa 3 milioni nell’ultimo semestre cui si aggiunge un altro milione e 100 mila euro corca del semestre precedente, per cui, nel primo anno e mezzo di vita del nuovo Palermo, le perdite hanno raggiunto i 4,1 milioni di euro. Per ripianarle si è dovuto abbattere il capitale sociale, passato da 6,8 a 2,7 milioni prima dell’aumento di 8 milioni deliberato martedì.