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Dimissioni Baldini: “Sentivo di non esser parte del nuovo progetto”

Silvio Baldini ha voluto mettere in chiaro i motivi delle sue dimissioni dal ruolo di tecnico del Palermo. E per farlo ha scelto quella che sarà la su ultima conferenza stampa da allenatore rosanero.

Ecco le sue parole da Casena dei Colli, quartier generale del Palermo in questo ritiro estivo:

Sento di non essere parte del progetto e questo non mi consente di lavorare con la società. Ho capito che non ci sono gli stessi presupposti dello scorso anno. Il mio animo era di portare la squadra in Serie A ma le condizioni non mi consentono di farlo. Ringrazio tutti per l’impegno profuso e per le emozioni vissute in questi mesi. Auguro al Palermo ogni miglior sorte possibile. Queste sono state le mie dimissioni. Noi l’anno scorso abbiamo vinto i playoff perché eravamo un gran gruppo e non la squadra più forte. Noi ci siamo meritati questo traguardo, la squadra ha segnato ventiquattro volte di seguito. Questi sono risultati che ti dicono che sei una squadra forte. Una squadra forte che però è frutto del gruppo. Le altre squadra sulla carta avevano giocatori professionalmente più bravi. Il gruppo adesso non c’è più”.

“Io all’inizio dissi di giocare per la Serie A, ma se questi presupposti non ci sono perché manca il gruppo devo aspettare di fare brutte figure? Oppure lasciare il posto ad altri? E’ facile dire il tempo è breve. Questa non è un’accusa verso nessuno, io posso solo ringraziare il Palermo. Questa tifoseria è straordinaria, il gruppo mi ha regalato emozioni. La festa finale è stata indescrivibile. Io posso solo ringraziare il Palermo e Mirri. Ciò non toglie che io ho detto di voler andare in Serie A, ma sarebbe servito creare un gruppo compatto col tempo. Ma nel calcio esistono solo i risultati e se non vinci ti mandano a casa. Siccome so come sarebbero andate le cose, preferisco andare a casa adesso”.

“Ci hanno dato la possibilità di provare a lavorare in un certo modo, ma Castagnini non mi trasmetteva più fiducia. Mi faceva sentire un allenatore che doveva combattere con tanti problemi, non mi trasmetteva serenità. E io non ero più in grado di trasmettergli entusiasmo. Si sono create due persone che non erano più le stesse. A questo punto dovevamo aspettare di prendere calci nel culo per avere soldi in banca? Oppure lasciare il Palermo con le migliori possibilità possibili. C’è tutto il tempo per poter lavorare. Nel mio cuore regna la tristezza, io continuerò ad abitare qua, morirò qua. Nella mia testa mi sento sereno, mi sono tolto un peso di portare in A il Palermo perché se io non avessi lottato per farlo mi sarei sentito un fallito. Questa è la migliore soluzione per il Palermo”.

“Il gruppo non c’è più per una serie di motivi. Alcuni giocatori credevano di prendere un ingaggio migliore, altri hanno dovuto aspettare dieci giorni. Ci sono una serie di persone attorno a me che non sono felici. Ognuno mi ha esternato delle amarezze. Giocatori in scadenza dicono di voler rinnovare, altri volevano migliorare il contratto. Tutte queste cose hanno rovinato il gruppo. Non è qualcosa che io voglio dire per accusare il Palermo che ha giustamente cambiato modo di lavorare. Il calcio non ti da tempo di metabolizzare la cosa. Io quindici giorni fa mi sarei dovuto già dimettere, ma non volevo fuggire. E’ venuto un fisioterapista che si chiama Federico e ha aggiunto diverse figure mediche nello staff. Allora io dico, se io mandassi a Guardiola due preparatori senza interpellarlo sta zitto o risponde a tono? Se io non vengo interpellato mi dovete dire se sono al centro del progetto o meno”.

“Questi giocatori che hanno vinto erano considerati mediocri. Hanno fatto un risultato straordinario, hanno fatto dieci vittorie nelle ultime dodici partite. Se non riuscivo quest’anno, magari potevo farcela dopo. Ma i presupposti non ci sono più. Il destino mi ha aiutato a realizzare il mio sogno, diciotto anni dopo che mi era stato tolto. E allora perché devo mangiarmi questo sogno tra due mesi? Tra la dignità e i soldi io scelgo la dignità. Non ho niente contro il Palermo e contro la dirigenza. Ho capito che il mio modo di essere non può essere in sinergia con il loro modo di lavorare”.

“Quando ieri abbiamo incontrato Mirri, il presidente mi ha detto: ‘E’ impensabile che tu vada via’. Io ho spiegato che non mi sentivo al centro del progetto. Gli ho detto: ‘Se tu eri presidente con la tua proprietà me l’avresti fatto un altro anno di contratto’. Il gruppo si poteva ricreare. Ma se tu Dario mi dici che mi avresti fatto più anni di contratto anche in Serie C ma il City non lo fa, io mi devo sentire al centro del progetto? Io non prendo per il culo la gente palermitana, io voglio andare in Serie A e a me di fare un anno di transizione non me ne frega niente. A me sarebbero interessati giocatori funzionali, senza creare entusiasmo la gente sta a casa e lo stadio non si riempie. Avere un gruppo per me vuol dire anche avere il popolo rosanero che si sente partecipe alla partita. In occasione del 2-0 dell’Entella tu sei morto, ma il popolo ha spinto la palla in rete. Io sono un allenatore che crede nei sogni e che vive di emozioni, i miei giocatori diventano i più forti quando entrano in sintonia. Per fare quel tipo di lavoro ho bisogno dell’anima dei giocatori. Io posso solo ringraziare Mirri, sarò sempre tifoso del Palermo. Andrò in curva quando andrò a vedere il Palermo”.

“Acquisti? Castagnini cercava di operare al meglio, il problema è di fiducia. Essere o no al centro del progetto. Io ero circondato dal malcontento, da parte di tutti. Il gruppo non c’è, per ricreare il gruppo ci vuole tempo e nel calcio il tempo non c’è. L’anno scorso ho creato il gruppo in poco perché ero al centro del progetto. Il presidente per me è stato eccezionale, mi ha telefonato dopo Foggia e Francavilla. Un presidente migliore di Mirri non potevo trovarlo. Adesso da centravanti mi hanno spostato terzino”.

“L’affetto i giocatori nei miei confronti l’avranno sempre, io sono stato l’ALLENATORE. Io ho sempre considerato prima l’uomo e poi il giocatore. Un paio di giorni fa dissi a Silipo, che andrà via, di allenarsi al massimo. E che non mi sarebbe interessato se due giorni dopo sarebbe dovuto andare via. Io sono l’allenatore, che quando si mette ad allenare considera l’uomo. Quello di Silipo è un esempio. Chiunque dei giocatori sa l’importanza che io ho sempre dato prima all’uomo e poi al giocatore. Sono sempre stati tutti partecipi”.

“Pisa è stata la cartina di tornasole. Quattro gol in mezz’ora non possiamo prenderli neanche se giochiamo con la Beretti. Questo ha significato che la mia protettrice mi ha detto di aprire gli occhi. Ci siamo resi conto dei problemi. E siccome il Palermo ha la possibilità di creare una squadra forte lo farà senza di me. I giocatori mi ringraziano per quanto gli ho insegnato sul campo e fuori. Io non sono un professore, questo è un mondo di ipocriti e quindi ci vuole tempo per spiegare la differenza tra un allenatore e l’allenatore. Le cessioni di Giron e Dall’Oglio? Non hanno influito sulla mia scelta, hanno avuto opportunità irrinunciabili. Era giusto che questi ragazzi avessero la possibilità di guadagnare. Staff? Mi conoscono, sanno che quando prendo decisioni ho forti motivazioni. Ognuno di noi è libero di scegliere. Nardini domenica in panchina? Di queste cose non parlo”.

“Non mi ha detto niente nessuno dopo che ho detto di voler andare in Serie A. Dire di voler andare in A non è sbruffoneria, ma mettersi alla prova. Se tu cambi il tuo modo di vivere, rinunci ad una parte di te stesso. Tutti sapete quanto è stato gratificante andare in B”.

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