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Palermo, a tutto Mirri: “Il centro sportivo entro il 2020? Si può”

Il presidente ha parlato della quotidianità rosanero, dei progetti a medio e lungo termine e della questione degli store ai microfoni di Palermotoday. “Vogliamo difendere il nostro marchio”

“Non capisco perché i tifosi disposti a partecipare all’azionariato al momento siano soltanto duecento, piuttosto che 10 mila. Chi ha fatto l’abbonamento lo ha fatto esclusivamente come atto d’amore nei confronti della squadra e della società, e quindi mi chiedo quale sia la differenza con l’azionariato”. Lo ha detto il presidente del Palermo Dario Mirrial sito Palermotoday.it a proposito dell’azionariato popolare. Il presidente ha parlato di vari temi in una lunga intervista. “Osservare e poter giudicare – continua Mirri – è questo quello che un tifoso dovrebbe volere dalla società, considerato sopratutto quanto accaduto negli ultimi anni. Non mi aspettavo tutta questa diffidenza sull’argomento dell’azionariato, anche perché ciò che mi dispiaceva di più quando ancora non ero presidente era proprio il non sapere. Avevo la sensazione che ci fosse un muro fra noi e la società, nonostante seguissi costantemente il Palermo. Da parte mia c’era sempre il desiderio di sapere qualcosa in più e questa mancanza di conoscenza mi faceva soffrire parecchio. Sia io che Di Piazza non abbiamo alcuna aspettative economica, non abbiamo finalizzato questo progetto per centrare degli obiettivi economici, questo ovviamente dev’essere chiaro un po’ a tutti. Il tema è legato solo e soltanto al coinvolgimento, alla trasparenza e alla rivoluzione. E’ probabile che in futuro decideremo di rilanciare discorsi di questo tipo, magari aprendo nuovamente ai tifosi azioni della società. Questo è soltanto un inizio e sono convinto che con il passare del tempo riusciremo a coinvolgere tante altre persone. Il mio sogno, così come quello di Tony Di Piazza è quello che la città partecipi realmente, perchè noi vogliamo essere una comunità. Si vince e si perde, ma insieme.  Siamo tutti un’unica cosa“.

Mirri ha parlato anche del progetto legato al centro sportivo. “Me ne sto occupando personalmente – rivela – nelle ultime settimane ho avuto modo di incontrare sia il Comune che la Regione, perché nel territorio palermitano non ci sono molti terreni privati così vasti. Un ipotetico centro sportivo dovrebbe avere almeno quattro campi, anche se il numero perfetto penso sia cinque.  Voglio ringraziare personalmente sia l’assessore Gaetano Armao che il sindaco Leoluca Orlando per il tempo che stanno dedicando alla causa Palermo per la ricerca di un terreno che sia congruo alle nostre esigenze. Al momento stiamo ragionando su quattro terreni già visionati, il mio intento è quello di presentare il progetto entro la fine dell’anno. Ciò che mi auguro vivamente è che alla fine il terreno possa essere individuato in città, perché penso che per il Palermo, e per Palermo, sarebbe davvero un’occasione più unica che rara. Farlo fuori, in zone limitrofe alla città invece rappresenterebbe una sconfitta per tutti. Pensiamo ad esempio a un centro sportivo in un quartiere come lo Zen, sono sicuro che permetterebbe ai ragazzi di integrarsi e di vivere in un clima di aggregazione e di condivisione di sani valori. Il calcio, lo sport in generale è anche e soprattutto questo: regole e aggregazione. So che i tifosi vogliono sentire parlare di tempistiche e a loro mi sento di dire che le tempestiche in genere per costruire un campo di calcio possono anche essere di circa tre mesi. Volendo penso che in un anno il centro sportivo potrebbe anche essere pronto, magari a fine 2020. Non è impossibile, prima però dobbiamo trovare un terreno. Penso vivamente che il 2020 possa essere l’anno entro cui si possa finalmente avere a Palermo il tanto e atteso centro sportivo”. 

Nel corso dell’intervista Mirri ha parlato anche dello stadio “Barbera”.Partiamo dal presupposto – dice Mirri – che il mio sogno nell’immediato è quello di togliere le barriere che separano i tifosi dal campo. Riguardo la capienza dello stadio, ricordo soltanto ai tifosi che dopo il primo anno in Serie A, il numero di abbonati pian piano andava sempre di più diminuendo, nonostante in rosa avessimo giocatori del calibro di Cavani, Dybala e Pastore. Non è un problema che riguarda soltanto Palermo, ma in generale tutto il mondo del calcio. Quest’anno abbiamo fatto più abbonati del Napoli, una società che vanta uno stadio immenso come il San Paolo. Eppure anche a  Napoli spesso lo stadio resta con dei settori deserti, proprio come a Milano, dove tal volta sono addirittura costretti a chiudere il terzo anello. Avere un grande stadio comporta maggiori impegni di gestione, oltre che di costi, quindi quello che dobbiamo chiederci è cosa vogliamo realmente: uno stadio grande, ma spesso vuoto, o uno stadio leggermente più piccolo ma sempre stracolmo? Avevo pensato a una riduzione di circa il 20 percento, ma molto dipenderà dal progetto, anche perché nel caso del “Renzo Barbera”, come ben tutti sappiamo, entra in gioco anche il tema dell’area vincolata, qualsiasi tipo di ristrutturazione deve potersi conciliare con il tema dell’impatto ambientale. Faremo uno stadio coperto, un elemento che negli ultimi anni è diventato una costante per tutti i progetti dei nuovi stadi. Ma sto anche coltivando altre idee, pensiamo ad esempio alla realizzazione di box-sponsor o, cosa più importante,  ai posti riservati ai disabili. Per non parlare dei pannelli solari, che ci permetterebbero di iniziare a produrre energia oppure un’importante area di catering dove si potrebbero svolgere tantissime attività. Lo stadio può migliorare, questo è sicuro, ma il Barbera resta comunque un bellissimo impianto già così com’è. E’ La casa del nostro Palermo”. 

A proposito del merchandising, infine, Mirri spiega che il braccio di ferro con i Palermo Store è facile da risolvere. “Possono chiamarsi come vogliono – dice – ma non Palermo Store, questo è il nocciolo della questione. Il mio compito è anche e soprattutto quello di tutelare il Palermo, dando alla mia società il maggior vantaggio economico possibile. Si è fatta tanta confusione in merito a questa questione, perché anche se lo Store e il Palermo potevano sembravano la stessa cosa, così non era. Questi signori avevano instaurato un rapporto di collaborazione con la vecchia società, ma non con noi.  Può generare confusione infatti il fatto di chiamarsi ‘Palermo Store’, quando in realtà però non sei il rivenditore ufficiale della società. Noi tuteleremo il Palermo da chi cercherà di creare confusione, anche perché al momento la nostra idea è quella di concentrarci sulla vendita online piuttosto che sui punti fisici. Il nostro intento non è mai stato quello di danneggiare qualcuno. Faccio un esempio: se un giorno dovessi aprire un negozio, chiamandolo ‘Fiat Store’ pensate che alla Fiat possa fare piacere? Il mio compito è quello di proteggere il marchio Palermo, e credetemi, per me vale davvero tantissimo”. 

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